Il colore della musica

Essere un musicista non è facile, puoi "fare il musicista" ma non è la stessa cosa. Prima tocca capire cos'è la musica, cosa vuol dire "essere", cosa vuol dire "fare". Ancora oggi, dopo dieci anni che scrivo canzoni, salgo sui palchi, impugno il microfono, difficilmente riesco a definirmi. Però ho imparato a vivere la musica, amarla è naturale, a gustarne ogni traguardo, ogni difficoltà, ogni minima sfumatura. Perchè ho imparato ad ascoltare. E a capire se qualcosa non suona bene da subito.
Ho imparato a rispettare la musica, la sua sacralità, cerco di prestarle la mia voce e le mie parole. Perchè le parole sono importanti, e questo si sa, ma quando accompagnano la musica ancora di più. E puoi dire ciò che vuoi. Ma non puoi. Perchè ogni nota della musica che suoni ha più storia di quella che conosci, e su ogni nota della musica che suoni qualcuno ha lasciato un pezzo di anima, e su quella nota della musica che suoni, oggi, puoi dire ciò che vuoi, ma non puoi. Perchè la nota della musica che suoni ha già una voce, e ogni parola che, oggi, dici, ha più storia di quella che conosci. E più significati.
Ho cantato i miei brani reggae davanti ai giamaicani e fatto rap per le strade di New York: e ho avuto paura. La paura di non essere degno di fare mia una musica che, tradizionalmente, non lo è, di essere giudicato perchè un bianco italiano che cosa ne può sapere di quel mondo? Eppure non è successo. Non è mai successo. Perchè tra quei mondi diversi l'unica cosa che poteva unirci era la musica, e l'ha fatto. E l'ha fatto nonostante le differenze, grazie alle differenze. Perchè io, bianco italiano, non ho mai fatto finta di essere Rasta o di venire dal Bronx. Sono stato me stesso, e ho portato me stesso e le cose che avevo da dire. E mi hanno ascoltato. Non mi hanno detto di tornarmene a casa mia. Non mi hanno detto che avevano già abbastanza problemi loro da ascoltare pure i miei.
Eppure ho preso una cosa loro e l'ho fatta mia.
Mohamed mi ha insegnato tanto. È poco tempo che ci conosciamo e non basta mai quando ci vediamo. Non ho mai compreso come si possa essere razzisti, cosa passa nella testa delle persone, come si possa insultare per il colore della pelle e poi cantare "What a wonderful world" imitando la voce di Luis Armstrong o esultare per un gol di Weah. Lui è riuscito a spiegarmelo. E, da musulmano, è riuscito a spiegarmi anche i dieci comandamenti. Per me, che continuo a credere più nel Bene che risiede negli uomini che in Dio, è stato il dono più grande:
1. Avrai altro “io” all’infuori di te: nella relazione ci siamo noi due. 2. Non nominare l’identità degli altri invano. 3. Onora la memoria della tua città e raccontala ai nuovi compagni che vengono da terre lontane. 4. Onora e rispetta le feste di ogni uomo e donna. 5. Non imporre il tuo punto di vista, impara a confrontarti con il mondo. 6. Non rubare la parola ai nuovi, cerca di ascoltarli. 7. Non essere testimone della cultura degli altri se non ne sai nulla o parli solo “per sentito dire”. 8. Non desiderare solo la tua cultura, rischi la solitudine. 9. Non desiderare solo la cultura d’altri, rischi di perdere la tua e distruggere te stesso. 10. Non uccidere le differenze culturali, sono la bellezza dell’umanità. *
* Mohamed BA - Il tempo dalla mia parte

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